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Marco

Il ritmo è importante, non solo a teatro. Lo sa bene Marco, teatrante da quando aveva vent’anni. Trovare il ritmo nel lockdown all’inizio non è stato semplice: i primi giorni grandi pulizie, bricolage domestico e poi, poi la svolta. Si è ritrovato sul balconcino di casa, quello che affaccia su Via del Vignola, a osservare giorno dopo giorno il mutare dei platani, le prime foglioline, il via vai di passeri e gli invasori pappagalli, e a lui, appassionato di ornitologia, sembrava d’essere tornato ai suoi diciassette anni. Si è ritrovato immerso in un grande libro La fine del mondo di Ernesto De Martino, cinquecento pagine densissime che gli hanno regalato un piacere immenso oltre al ritrovato ritmo. Classe 1954, dopo quarantadue anni di lavoro in teatro, cinema e arti varie, oggi finalmente percepisce una pensione non male, milleduecento euro che dopo tanto penare segnano la prima entrata fissa e certa della sua vita. La casa dove abita con sua moglie e una figliola, è di prop
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Philine

Possiede ben quaranta stanze di case di bambola, Philine. Le colleziona da quando era bimba, alcune risalgono a fine Ottocento e arrivano a fine anni Ottanta del secolo scorso. Nella DDR – lei è di Dresda – ciascuna bimba ne possedeva almeno una, ricevuta in eredità, da tirar fuori per giocare solo durante il Natale. All’epoca voleva fare la scenografa di teatro o d’Opera, ma a volte la vita come l’acqua segue percorsi tutti suoi e Philine è diventata una storica dell’arte. Vive tra due mondi – Roma e Berlino – una doppia vita che sente come grande ricchezza, ché la possibilità di confrontare conferisce una discreta apertura mentale. La quarantena l’ha trascorsa a Roma nella sua casa in penombra a Corso Vittorio dove paga un affitto alto ma garantito come diaria da un contratto di lavoro che le offre uno stipendio davvero buono. Lavora con grande soddisfazione all’Hertziana, biblioteca di trecentocinquantamila volumi specializzata in storia dell’arte italiana, istituto gest

Francesco Bamai

Finalmente: un ateo pacificato; Francesco Bamai lo è: da bimbo credente con fervore, da adulto   prima ateo rimpiangente d’esserlo, poi la consapevolezza che il senso alle cose lo diamo noi.  Cosa che permette di vivere l’intero universo con molta più meraviglia.  Autentico stupore, prova di fronte al ciclo di vita di una stella, stesso stupore di fronte alla poesia, e recita Leopardi, le sue invocazioni alla Luna.  Che il genere umano sia riuscito a sbarcarci, sulla luna, lo rende orgoglioso, lo riguarda e tutto ciò che sappiamo lo incanta.  Passione e rigore a un tempo, classe 1974, Bamai si riconosce un forte baricentro interiore, forse il sine qua non per avere la fortuna di un lavoro fantastico, è editore di una casa editrice nata quattro anni fa, e traduttore per Mondadori.  Al lavoro dalle 11 e per dieci ore, instancabile ideatore e sperimentatore di scritture e collane, grafico perfino. E poi tanti incontri, il fascino degli altri, tante storie e menti diverse, ment

Stefano

Poi dice la fuga dei cervelli: Stefano, paradossalmente, lavora ogni attimo di tempo libero.  Lavora sempre e dorme coi sensi di colpa. La verità vera è che ha tre lavori e per tre volte si ritrova precario, nonostante una laurea in Fisica con tanto di dottorato.  Maledetta precarietà: perdere tempo vuol dire sprecare occasioni, e se lavorare stanca, farlo diciotto ore al giorno, un po' massacra. Eppure a Stefano, classe '64, lavorare piace, tutto quello che desidera, è di programmare la vita a lungo termine, ma precarietà è proprio questa negazione.  Da precario, sa il denaro che possiede ora, ma non sa per quanto se lo deve far durare.  Nel 2009 il suo guadagno è stato pari a zero e non sta nascondendo guadagni in nero. Per l'anno in corso, dovrebbe, e non a caso usa il condizionale, “incassare” ventitremila euro, con ogni probabilità ne verserà al fisco più della metà.  Nonostante che Stefano non svolga lavori qualsiasi, bensì utili alla collettività: in prim

Sonia

Al mese, Sonia, deve cavarsela con trecentotrenta euro.  Vive lontano, a trentacinque km da Roma, in un pezzo di terra metà vigneto, metà, volendo, canile.  Per casa ha un container, da quattro anni ci abita e ora per fortuna non ci piove più ma rimane caldo arrostente d'estate e freddissimo d'inverno.  Tanto che a volte, per non morire congelata, Sonia al mattino resta a letto, sotto le coperte ascolta la rassegna stampa alla radio, radiotre.  D'altronde lavora tre volte alla settimana, fa pulizie, un lavoro pesante che per le sue condizioni di salute manco potrebbe fare ma non può non fare.  Turni di cinque ore, a cinquantasei anni e una vita tutta da raccontare, un presente che sfanga grazie anche a un sussidio di cento euro, a volte di più.  Senza comunque non morirebbe di fame perché credendo che il futuro è nella terra, coltiva il suo orto con ottimi risultati, si sfama. Certo in parte il suo appezzamento è in abbandono, ma dove  trovare i soldi per cu

Altobelli

Non riesce a mettere da parte un centesimo, l'Ingegner Altobelli.  E sì che al mese arriva a guadagnare poco meno di duemila euro.  Lavora dal Duemila in una compagnia telefonica, prima da interinale, tempo un anno e fu assunto a tempo indeterminato.  Quaranta ore settimanali e se fa gli straordinari non glieli pagano.  Dal lunedì al venerdì, dalle nove alle diciotto presta il suo cervello all'azienda, ma non tutto, una parte se la tiene per sé, per desiderare, in sinergia con tutto il cuore, un lavoro che gli faccia usare ciò che sa tutto il giorno, essere pagato per questo.  Come tutti i nati di sabato, l'Ingegner Altobelli è un romantico, decadente quanto basta, eppure a trent'anni gli è nata la primogenita e tre anni dopo un altro bimbo, i suoi gioielli.  Eccezione alla norma, lui all'indomani della laurea in scienze politiche, scelse, scelto a sua volta da una donna molto amata, la famiglia.  Oggi vivono in quattro più una cagnetta adottata in u

Virginia

Suo padre da bimba le diceva d'imparare a vivere senza soldi e lei così ha fatto. Classe '75, Virginia anche per questo non vive facendo i conti: di quanto entri ed esca dalle sue tasche non ha idea.  Lavorare lavora eccome, perloppiù organizza catering, ma ora è tutta lanciata in un progetto con una dozzina di amici, vicino Viterbo.  Un mezzo casale di quattrocento metri quadrati circondato da cinque ettari di terra, da vivere e coltivare seguendo quella sintesi di ecologia, geografia, antropologia, sociologia e progettazione che è la permacultura.  Una comunità di amici per una cooperativa che crei reddito inventando una cucina legata alla coltivazione. Non solo: conciliare una forma intelligente di agricoltura con attività ricreative come spettacoli circensi, aderendo a trecentosessanta gradi a forme di energia alternativa.  Non si può dire non abbia le idee chiare, Virginia, tanto da leggere il futuro nelle stelle: un sito di astrologa che aggiorna ogni mercoledì