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Philine


Possiede ben quaranta stanze di case di bambola, Philine. Le colleziona da quando era bimba, alcune risalgono a fine Ottocento e arrivano a fine anni Ottanta del secolo scorso.
Nella DDR – lei è di Dresda – ciascuna bimba ne possedeva almeno una, ricevuta in eredità, da tirar fuori per giocare solo durante il Natale.
All’epoca voleva fare la scenografa di teatro o d’Opera, ma a volte la vita come l’acqua segue percorsi tutti suoi e Philine è diventata una storica dell’arte.
Vive tra due mondi – Roma e Berlino – una doppia vita che sente come grande ricchezza, ché la possibilità di confrontare conferisce una discreta apertura mentale.
La quarantena l’ha trascorsa a Roma nella sua casa in penombra a Corso Vittorio dove paga un affitto alto ma garantito come diaria da un contratto di lavoro che le offre uno stipendio davvero buono.
Lavora con grande soddisfazione all’Hertziana, biblioteca di trecentocinquantamila volumi specializzata in storia dell’arte italiana, istituto gestito dalla Max – Planck – Gesellschaft, l’equivalente tedesco del nostro Cnr.
La scelta del part-time – lavora poco più di 26 ore settimanali classificando per argomento libri su libri secondo un sistema che può crescere all’infinito -, è legata all’interesse per la ricerca mai smessa dai tempi del dottorato, prima ad Amburgo, un anno alla Sapienza di Roma, e poi a Berlino.
Esperta in Medioevo e Rinascimento italiano, oggi si dedica allo studio di erbari e bestiari e staresti le ore a sentirla raccontare di come fino a settanta anni fa le formiche venivano usate per impacchi contro i reumatismi, o del castoreo, antidolorifico e antinfiammatorio.
Animali che nei bestiari e nel mondo preindustrializzato di un tempo avevano un valore simbolico e oggigiorno lei divide in due categorie: gli animali domestici, iperviziati; e gli invisibili, eppure la maggioranza visto che l’80% vive in quegli allevamenti intensivi di cui nessuno vuol sapere, creature che la vita non la godono neanche per un giorno.
Ma l’animale che giocoforza oggi l’attira di più è il pipistrello, temuto oggi come nel Medioevo quando, mammifero volante, ingarbugliava gli studiosi.
Pipistro un tempo associato ai vampiri e a Lucifero che dal 1300 si trova raffigurato spesso con le sue ali.
Pipistro che ha avuto un’evoluzione tutta sua, una sorta di dinosauro capace di vivere in colonie di diecimila esemplari tutti appiccicati, una miniera di virus anche se l’ideogramma cinese sta per un augurio di buona fortuna.
Vegetariana convinta, il che la fa essere sempre in forma anche se qualche reuma s’affaccia, non ha paura di pedalare per Roma,  il motivo per cui non ha avuto paura neanche del Covid.
Splendida creatura alla quale non daresti mai la sua età (è del 1966), sempre elegante anche se si veste all’usato ma con quel tocco capace di abbinare il colore degli orecchini con quello delle scarpe e degli abiti, Philine non rinuncia a fare la spesa biologica ed equosolidale, non guarda la televisione da mai, crede nel voto elettorale anche se il risultato non corrisponde a quello desiderato.
Alla dignità dà una grande importanza e vorrebbe che dignitosa fosse la vita di ciascuno anche se troppo spesso così non è.
E’ atea ma le piacerebbe credere. Legge molto, le piace l’opera lirica. In fondo dell’Italia pensa un gran bene, dice che artisticamente è il paese più bello e ricco del mondo, ma vede questo patrimonio in pericolo dato che tanti, troppi, se ne fregano di questa immensa eredità.
Però è contenta quando vede persone di buona volontà prendere l’iniziativa ma volontariato a parte si chiede perché questi “virtuosi” non riescano a mutare la politica, le sembra che l’idea del “bene comune” non esista più.
Alla domanda sulla lotta di classe, risponde non senza ombre: lei, nata nella Germania dell’Est, dove era la dottrina fondamentale, e cresciuta con tanti dubbi; se fosse giusto che un paese imprigionasse i suoi abitanti.
Vede tanta ingiustizia, chi ha mezzi e soldi si piazza al potere e lì rimane, chi nasce povero non può contare su un ascensore sociale. Emozionalmente Philine ricomincia ogni giorno, ma di certo la svolta della sua vita è coincisa con la venuta via dalla DDR, aveva 13 anni e suo padre un anno prima aveva avuto l’occasione di un viaggio all’Ovest da cui non rientrò più.
Allora la Germania dell’Est non poteva vietare il ricongiungimento familiare e così dopo il riscatto, e l’attesa di un anno, lasciarono andare anche la madre e le sue tre figlie. All’inizio le parve un paradiso, l’Ovest, ma ben presto imparò che il paradiso esiste solo per chi ha soldi in abbondanza.  
Se non se stessa, le piacerebbe essere una pagina miniata, un codice pergamena che vive nei secoli – il suo erbario preferito ha seicento anni – conservando le stesse immagini colorate e lettere dorate.

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