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Virginia


Suo padre da bimba le diceva d'imparare a vivere senza soldi e lei così ha fatto. Classe '75, Virginia anche per questo non vive facendo i conti: di quanto entri ed esca dalle sue tasche non ha idea. 
Lavorare lavora eccome, perloppiù organizza catering, ma ora è tutta lanciata in un progetto con una dozzina di amici, vicino Viterbo. 
Un mezzo casale di quattrocento metri quadrati circondato da cinque ettari di terra, da vivere e coltivare seguendo quella sintesi di ecologia, geografia, antropologia, sociologia e progettazione che è la permacultura. 
Una comunità di amici per una cooperativa che crei reddito inventando una cucina legata alla coltivazione. Non solo: conciliare una forma intelligente di agricoltura con attività ricreative come spettacoli circensi, aderendo a trecentosessanta gradi a forme di energia alternativa. 
Non si può dire non abbia le idee chiare, Virginia, tanto da leggere il futuro nelle stelle: un sito di astrologa che aggiorna ogni mercoledì per la gioia dei suoi sostenitori. 
L'astrologia è una cosa seria per lei, e con autentico stupore ammette di essersi costruita un personaggio che la sta sopravanzando, addirittura in strada la fermano per conoscere gli influssi dei pianeti. 
Cominciò tutto a metà anni novanta, quando le capitò un Branko fra le mani: iniziò a seguire l'effetto dei pianeti su se stessa e con tanta passione e ironia s'azzardò poi a creare oroscopi per le amiche. 
Virginia, attenta a non prendersi troppo sul serio pur facendo molto sul serio. 
E seria seria ti confessa che sullo Stato, non ci ha mai contato, non avrà mai una pensione come d'altronde i genitori, ai quali pensa preoccupata per quando non saranno più in grado di lavorare. 
Poi sorride e l'ombra sul suo volto incorniciato da una cresta di capelli metà neri metà blondie, scompare. 
Carattere aperto il suo, prova ne sia che crede l'altro l'unico tramite per stare bene con se stessi; tanto che se a vivere in coppia trova difficoltà, per sé sceglie sempre uno spazio in una comunità. 
Abita una camera in una casa che divide con altre tre persone, camera pagata cara, gli affitti stellari di Roma, quasi cinquecento euro spese incluse, ai quali bisogna aggiungere cibo, medicine per fortuna poche, tabacco, i libri di astrologia che Virginia divora, le piccole cose con le quali si addolcisce la vita e alle quali non rinuncia. 
Licenza media, due corsi regionali, uno da stenografa, uno da “operatore terminale video”, grazie ai quali è riuscita a lavorare nel mondo dell'informatica, Virginia mai e poi mai rinuncerebbe alla sua libertà, vivere non come tutti. 
E c'è da crederle, solo a vederla, le gambe più belle di Roma, la testa sempre diversa, nel suo progetto da ecovillagista rientra pure la costruzione di un mutuo soccorso, cassa comune per chi arranca. 
E che sia un'Italia dove si arranca, lei, venuta dal proletariato, lo sa bene e ciò nulla toglie alla bellezza di questa penisola. 
Altra cosa parlare degli italiani, adagiati sulla facilità borghese, sempre a perdere in dignità, che ritiene il valore più grande, altro che orgoglio. 
Dopo un'adolescenza lavoro, casa, cura del fratello più piccolo, Virginia si è reinventata sempre, per lei la fatica è bella, e senza non si ottiene nulla, tanto meno la bellezza e la soddisfazione. 
Anzi, a dirla tutta, ricominciare sempre tutto da capo fa restare giovani, allena il cervello. Organo essenziale per credere, sostanzialmente in se stessi, fede senza la quale nella vita non si va da nessuna parte, nemmeno si partecipa dell'energia collettiva. 
Concetto che la riporta all'unica lotta per lei viva, quella di classe: figlia del proletariato, anche se la sua testa è sempre di un colore diverso, in mente ha sempre la stessa idea di un mondo senza classi, lei, che di sé dice, vengo dal basso. 
Vorrebbe, in fondo, una vita come la sua, magari un figlio, ma con gli uomini sente di perdersi, perde se stessa, una che rifiuta famiglia, società, stato, chiesa, una incapace di sopportare il tornaconto, la mancanza di lealtà.

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Possiede ben quaranta stanze di case di bambola, Philine. Le colleziona da quando era bimba, alcune risalgono a fine Ottocento e arrivano a fine anni Ottanta del secolo scorso. Nella DDR – lei è di Dresda – ciascuna bimba ne possedeva almeno una, ricevuta in eredità, da tirar fuori per giocare solo durante il Natale. All’epoca voleva fare la scenografa di teatro o d’Opera, ma a volte la vita come l’acqua segue percorsi tutti suoi e Philine è diventata una storica dell’arte. Vive tra due mondi – Roma e Berlino – una doppia vita che sente come grande ricchezza, ché la possibilità di confrontare conferisce una discreta apertura mentale. La quarantena l’ha trascorsa a Roma nella sua casa in penombra a Corso Vittorio dove paga un affitto alto ma garantito come diaria da un contratto di lavoro che le offre uno stipendio davvero buono. Lavora con grande soddisfazione all’Hertziana, biblioteca di trecentocinquantamila volumi specializzata in storia dell’arte italiana, istituto gest...

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