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Norman

Norman è una rarità, un uomo capace di sporcarsi di terra e insieme ritrovarsi nella letteratura, unica sorella che ti cambia l'esistenza, la rende plurima, degna d'essere vissuta. 
Vive di rendita Norman, cinquemila euro al mese e potrebbero essere molti di più. Ma non è stato sempre così. 
Appena trentaquattro anni eppure Norman può dire d'aver conosciuto la metamorfosi: un'infanzia tranquilla, poi la bancarotta in famiglia, famiglia benestante, il frigo vuoto, l'ansia della cara madre, era ai tempi dell'Erasmus, lui si mantenne lavorando, cosa che nessun compagno del liceo irlandese avrebbe mai fatto, fatto salvo un amico che ancor non l'abbandona. 
La prima fonte di reddito fu il dottorato all'Università di Siena, fu allora che poté permettersi una casa sua, un buchetto in affitto in pieno centro di Roma. 
Allora traduceva anche, tirava su uno stipendio, finché una cara prozia non lo lasciò erede di una fortuna. 
Ci mise un anno a rendersene conto Norman, forse il tempo necessario ad assorbire il dolore per la perdita di una vice madre; forse il tempo di fugare l'animo da comprensibili ma perniciosi sensi di colpa. 
Anno che Norman visse come se niente fosse successo, al tempo insegnava alla Luiss, ambiente che ricorda ributtante, non per orari e doveri, ma per acuto disprezzo di un determinato ceto, da sperare che la lotta di classe sia solo assopita. 
Il primo vero contatto con la propria insperata ricchezza, fu dare una casa alla libreria di una cara amica, consentirle di continuare quello che entrambi pensano uno dei mestieri più belli. 
Contemporaneamente Norman si prese due anni sabbatici a Berlino, a studiare l'opera omnia di Schleghel. 
Lì s'accorge che Roma gli manca, fa i conti con l'idea di un'Accademia che lo rifiuta con dignità, allora decide di tornare in Italia, a fare l'editore. 
In questa veste ci si ritrova a meraviglia, anche se a un tratto, dovendo cercare collaboratori, è stato sommerso da centinaia di candidature eccellenti, e Norman dice di aver toccato con mano quante potenzialità ripagate con infima moneta ci sono nell'Italia del ventunesimo. 
Accenna a umiliati e offesi, ma s'illumina di una profezia nel vedere i prossimi quindici anni come importanti, decisivi per un cambiamento in meglio. E a sentirlo parlare, benedici il giorno in cui il mondo perse l'ennesimo ricercatore consumato dai corridoi, pronto a girare perché il motore giri, e guadagnò un editore affrancato dal dovere, alle prese, quasi uomo libero, con il solo volere, volontà disinteressata. 
Per lui prima di tutto viene l'amicizia, appunto, e arrossendo si fa più limpido e confessa che da giovincello, invaso da San Francesco e Rimbaud, voleva farsi prete, vocazione scomparsa alla fine del ginnasio, dopo anni e anni di agiografie dei santi. 
Cesura che lo lasciò ateo ma contrario a chi crede che chi non crede in dio non debba credere in niente. 
Norman per esempio crede molto nel progetto di costruire una grande biblioteca in Senegal, vola alto, come quando aspira alla purezza, ne è attratto e gioisce quando l'intravede. 
Come gioisce di un buon ristorante e un buon vino in compagnia, forte della definitiva rinuncia ad andare in malora, vivere una straordinaria libertà che gli fa dire, il male non esiste.
Idea affascinante che lo accompagna in questa metamorfosi coraggiosa, assente di qualsivoglia volgarità. 
Ecco, agli occhi dei più Norman è molto fortunato, indiscutibile per carità, ma visto seppur da lontano, la sua fortuna è lui stesso. 
Non è da tutti essere al punto di dire che dignità è la possibilità di non vergognarsi di niente, la forza più grande: ricorda, quando ti vergogni concedi agli altri potere, mai far dipendere la verità dallo sguardo altrui. 
Non è da tutti ritenere che un ricco evasore è un criminale, anzi, proprio perché ricco dovrebbe pagare di più. 
Giusto come il primo della banda degli onesti, Norman conosce tante lingue e il sommo linguaggio del comparare. A lungo si è dedicato a Kafka e a lui, latore del frammento, deve la sua passione, leggendo, per la forma breve, le raccolte oniriche, e tra i dieci libri che salverebbe c'è non a caso l'interpretazione freudiana dei sogni.
Novecento, classico e avanguardistico, è il secolo che cerca nei libri, di cui si circonda anche fisicamente, non esce mai senza due tre volumi in borsa, abitudine rimasta dall'infanzia, da quando impaurito all'idea di un sequestro, decise di portare sempre con sé un libro, nel caso avrebbe saputo come impiegare la prigionia. 
A ferirlo ci pensa l'aggressività, chi litiga e urla gli induce un senso bambinesco di andare nell'altra stanza, a dire no, non lo fate per favore, no.

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