Gino è nato negli anni
sessanta, il boom.
Gino oggi dispone di 650 euro al mese, cerca di farcela con
quello che ha.
Fa l'operaio edile, ha imparato tutto sul campo, grazie a un
mastro eccellente, praticamente per mimesi.
Riesce a lavorare sette mesi l'anno,
ha una sua cerchia di clienti.
Prima aveva un'impresa, una squadra di
maestranze sciolta quando c'è stato il crollo, il lavoro a un certo punto non
c'è stato più. Fino a allora non mancava, poi si è cominciato a risparmiare, e
oggi lavorano solo i grandi, Caltagirone per esempio.
E loro, i grandi, se
devono assumere, assumono i giovani e Gino ha cinquant'anni.
Ma non si lamenta
mai, è un rivoluzionario (anche nella relazione con gli altri), fin dai tempi
della scuola, era il '77, anni di piombo, frequentava un Istituto tecnico,
allora lottava contro la scuola dei padroni e al ricordo ancora s'accende,
precoce manifestazione d'insofferenza verso l'Istituzione.
Insofferenza mai
smessa, semmai acuita nel tempo. Gino non si sognerebbe mai di andare al collocamento,
anche se vive in una stanza tutta per sé in una casa da dividere con un amico,
trecento euro più le spese, anche se Gino si paga le medicine, non poche per
via di una patologia per cui sta chiedendo l'invalidità.
Le tasse no, non le
paga, e anche se potesse non le pagherebbe, per lui vale: lo Stato non dà
niente e io non do allo Stato.
Per lui, ateo, vale il poter vivere senza
elemosinare nulla, e la sua coerenza è la sua dignità.
A Gino le sue idee lo
hanno portato in carcere, non ne parla volentieri, lui crede nella lotta di
classe e non crede sia morta perché, dice, la vita ne è intrisa; assopita sì,
almeno in Occidente, non è più massificata come un tempo, oggi si lotta
sabotando nascostamente.
Altro sguardo vale per l'India, il Brasile o il cosiddetto
Terzo Mondo, dove l'industrializzazione inizia ora, la rivoluzione industriale
è adesso e adesso è lotta di classe.
La pensa così, Gino, nonostante abbia vissuto sulla sua pelle la
criminalizzazione della lotta, lotta a un sistema che perpetra lo sfruttamento
dell'uomo sull'uomo, un sistema impossibile da cambiare perciò da abbattere.
La
pensa così lui, che da venticinque anni non guarda la televisione, giusto un
telegiornale ogni tanto, per capire che aria tira, cosa pensano i padroni, non
a caso dice di leggere il giornale dei padroni, criticamente se ne possono
prevedere le mosse. Legge saggi Gino, e psicologia, scritti che cerchino di
dare un senso all'esistente, anche se non disdegna i romanzi.
E non
disdegnerebbe neanche uscire con gli amici, la pizzata settimanale; ma la sua
scelta di una rigorosa economia, l'autonomia, pratica e di pensiero, certo oggi
non lo ripagano.
Da due anni a questa parte Gino ha dovuto ricominciare da capo
già cinque volte: cade e senza un lamento, possibilmente un sorriso
consapevole, si rialza e va avanti.
Sembra aver fatto suo il detto tutto dare
nulla chiedere e di fatto dell'Italia pensa tutto il male possibile, un paese
invivibile dice, prima vengono gli interessi, poi le persone; in altre parti
del mondo, dice, ho visto con i miei occhi che si vive grazie a un livello di
cooperazione molto alto, qui in Italia sei solo, vale il mors tua vita mea.
Amarezza? Difficile dirlo, col suo fare filantropico, niente a che vedere col
buonismo o il pacifismo, comunque se gli chiedi cosa vorrebbe per sé lui ti
risponde che tutti si viva bene.
L'ipocrisia lo ferisce, sarebbe meglio
smarcherarsi tutti, rinunciare, per esempio, alla sottocultura cattolica. Ateo,
si dice convinto, anzi persuaso, ché la vita sia una e vada vissuta pienamente,
e mentre lo dice pensa agli amici, alla compagna, ai compagni, e nonostante la
povertà non lo diresti infelice, anzi, una luce particolare lo accompagna
sempre.
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